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    Capitan Costanza Verona racconta l’Europeo vinto in Repubblica Ceca

    Di LBM Italy

    Risuona ancora, forte come l’Inno di Mameli in questa indimenticabile estate azzurra, la splendida eco dell’impresa compiuta dalla Nazionale U20, neo campionessa d’Europa.
    Per le nostre Valeria Trucco, Giovanna Elena Smorto e Costanza Verona e per le loro compagne, si aggiungono, ai migliaia di attestati di stima già ricevuti, il nostro ringraziamento ed i complimenti per il trionfo e le emozioni che ci hanno regalato.
    Ed è proprio con il capitano della squadra, autrice di una prova monumentale da 25 punti nella finale, ed eletta nel quintetto ideale della manifestazione, che abbiamo scambiato quattro chiacchiere, rivivendo tutto quello che è successo nei nove giorni più belli che si potessero immaginare.

    D – Complimenti per questa impresa, ai limiti del leggendario. Ancor più sensazionale perché costruita su una partenza disastrosa. Cosa non è andato nelle prime due partite?
    R – Diciamo che il percorso per arrivare all’Europeo non è stato dei più facili. Abbiamo lavorato sodo durante il raduno, ci siamo impegnate tantissimo, però ci rendevamo conto che ancora non si era creato il giusto amalgama all’inizio del torneo: contro Olanda e Francia, nel momento della difficoltà ci siamo disunite. In molti, allora, ci hanno accusato sui social di non essere un gruppo coeso e di non avere gli attributi. Ma noi sapevamo che non era così. Dopo aver perso contro la Francia, ci siamo guardate in faccia e ci siamo dette: “Non possiamo terminare questi cinque anni in questo modo, dobbiamo reagire e dimostrare a tutti che siamo una squadra”. Sapevamo che da lì in avanti, per cambiare le cose, dovevamo tutte difendere di più e passarci maggiormente la palla in attacco, giocare dentro il nostro sistema per dimostrare il nostro reale valore.

    D – E da lì in poi è stato un crescendo spaventoso: la Germania e poi il delicatissimo primo scontro ad eliminazione diretta contro le padrone di casa. Possiamo dire che quella è stata la partita-spartiacque?
    R – La gara contro la Germania c’è servita per riprendere fiducia in noi stesse, anche se non è stata poi così determinante dal punto di vista del tabellone, visto che nel prosieguo, pur vincendo quella partita, abbiamo comunque preso tutte le formazioni più forti in successione.
    A partire dalla Repubblica Ceca negli ottavi: una squadra insidiosa, che conoscevamo molto bene, avendola incontrata molte volte in passato. Sapevamo comunque che era una gara alla nostra portata. In spogliatoio, come poi successo anche nei giorni successivi, ci siamo dette “Ora o mai più”. Eravamo consce che ogni partita andasse affrontata sapendo che non ci sarebbe stato un domani in caso di sconfitta. E abbiamo dato tutto quello che avevamo, vincendo solo negli ultimi secondi. In questo siamo state forse avvantaggiate dall’aver disputato molte gare amichevoli tirate durante la preparazione: contro Ungheria, Bielorussa e Portogallo, abbiamo vinto solo nel finale. Perciò, giocare punto a punto nelle fasi calde era cosa a cui eravamo già abituate.

    D – A partire dai quarti, il calendario vi ha poi messo davanti carichi da novanta: Spagna e Francia in rapida sequenza. Ovvero, almeno sulla carta, le due favorite assolute. La Francia, soprattutto, aveva fino ad allora impressionato, con uno strapotere fisico su chiunque. E lì è venuta fuori una grande preparazione tattica da parte vostra…
    R – Avendo perso le prime due partite della prima fase, il tabellone si era fatto durissimo. Ricordo che quando ci siamo rese conto di cosa ci aspettasse in sequenza, ci siamo dette “Cavolo!”. Poi però abbiamo deciso di ragionare partita dopo partita, un passo alla volta, concentrandoci sull’avversario di turno.
    La Spagna, a livello under 20, veniva da anni di dominio. Una squadra tecnicamente molto forte, che fa girare palla benissimo. Abbiamo preparato molto bene l’incontro dal punto di vista tattico, mettendole in difficoltà con la zona match-up: lo staff tecnico è stato bravissimo a darci i suggerimenti giusti.
    Contro la Francia, sapevamo che dovevamo concentrarci nel limitare la loro efficacia a rimbalzo e nel tenere fuori dal gioco la loro giocatrice principale, Pouye. Anche qui credo che la partita sia stata preparata dal punto di vista tattico alla perfezione. Una cosa che Sandro (Orlando, ndr) ci ha detto prima della partita è che loro non dovevano assolutamente attaccare la nostra area: “Se ci devono battere, segneranno da tre”. Abbiamo fatto una difesa molto zonata proprio per impedire loro di prendere possesso della nostra area. Una grande scelta che ha portato ad un grande risultato.

    D – Un grandissimo risultato… Che vi ha spalancato le porte dell’atto conclusivo contro la Russia. Il rischio, a quel punto, era quello di aver lasciato troppe energie fisiche e nervose nei turni precedenti: in fondo a quale barile avete raschiato per sfoderare quell’incredibile finale che vi ha dato l’oro?
    R – Diciamo che, arrivati a questo punto, sapevamo che dovevamo tirare fuori tutto quello che potevamo e tutto quello che ci rimaneva. Avevamo già perso una finale (al mondiale U17 di Zaragoza, ndr) e non avevamo alcuna intenzione di perderne un’altra. Sapevamo che, anche se eravamo distrutte, dovevamo spremere qualsiasi energia. Al mondiale di tre anni fa, fu un nostro errore arrivare in finale e poi cedere mentalmente, perdendo male contro l’Australia. Non dovevamo ripeterlo. Prima della partita, ci siamo guardate di nuovo in faccia e ci siamo dette: “Siamo in finale, non ci sarà un domani, dobbiamo dare tutto di noi stesse”.

    D – Sinceramente, da capitano, quando hai alzato la Coppa, cosa hai provato? A cosa hai pensato?
    R – Ho pensato “Finalmente ce l’abbiamo fatta, finalmente l’alziamo noi la Coppa!”. Sono stati anni in cui, ogni volta, la Coppa l’alzava qualcun altro. Non volevamo più stare sul podio al fianco del vincitore, o addirittura in tribuna a guardare la premiazione di altri. E’ stata una cosa bellissima, mi sono sentita orgogliosa e fiera di quello che avevamo fatto.

    D – Ricollegandosi a ciò che hai appena detto… Questo gruppo, eccezionale e fortissimo, ha raccolto, almeno a livello europeo, meno di quanto potesse, negli scorsi anni. Il karma vi ha restituito tutto all’ultima chance. Tu te ne vai da capitano, con una medaglia d’oro al collo, con una prestazione da 25 punti in finale, e persino con l’elezione nel quintetto ideale della manifestazione: nell’ultima partita del tuo percorso giovanile, ti sei presa il jackpot pieno…Hai qualche dedica speciale?
    R – Direi che tutto questo lo devo alla mia famiglia, a mamma e papà (Simona e Antonio, ndr), a mia sorella Marta, che mi hanno sempre seguito in tutto. Poi ovviamente voglio ringraziare Sandro che mi ha dato tantissima fiducia, facendomi capitano e assegnandomi grandi responsabilità. E poi il mio ringraziamento va anche a Massimo (Riga, ndr) e Cinzia (Zanotti, ndr), gli allenatori che mi hanno portato fino a questo punto del percorso.

    D – Quale eredità ti lascerà questa esperienza? Guardando avanti, cosa vedi nel tuo futuro di giocatrice?
    R – Il mio sogno è quello di arrivare un giorno in Nazionale maggiore e diventare una giocatrice affermata a livello europeo. Guardando oltre, anche oltreoceano, in Wnba… sarebbe fantastico! Adesso però sono concentrata sulla stagione che sta per iniziare col Geas. Spero di riuscire a dare tutto con questa maglia e spero di aumentare le mie responsabilità un passo alla volta.

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