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    Da George a Ryan. Perche Mens Sana contro Fortitudo Ag è una gara speciale

    Il giornalista senese Stefano Salvadori ha raccontato alla Fortitudo Agrigento “cos’era” George Bucci per Siena e per la storia del basket nella città del Palio. Un motivo di interesse in più per la gara tra Mens Sana 1871 e Fortitudo Moncada Agrigento, con il figlio d’arte Ryan tra i biancazzurri. (immagine da Basketsiena.it)

    George Bucci, padre di Ryan, è stato l’idolo indiscusso della folla senese per sette anni, dal 1977 al 1984. Sarà stato per il cognome italiano, ben diffuso da quelle parti, sarà stato per l’aspetto fisico, da cui il soprannome “Ercolino”, sarà stato per la classe che esprimeva in campo, il pubblico senese non tardò a innamorarsi di George.

     

    Di lui parlava chiunque a Siena, anche chi era digiuno di palla a spicchi: era il punto di riferimento, l’uomo faro della truppa biancoverde (… e biancoblù, visto il mal digerito cambio di colori voluto all’epoca dallo sponsor Mister Day), il simbolo della squadra che muoveva passi importanti nel basket che conta, al punto da sfiorare le semifinali della mitica coppa Korac.

    George Bucci era un individualista: “date palla a me che ci penso io”, pensava e, forse, diceva ai compagni. Ci pensava bene, come quella volta contro l’Italcable Perugia in cui ne mise 48 con un mostruoso 18/26 dal campo(all’epoca il tiro da tre non era ancora stato introdotto) e 12/13 ai liberi. Sbagliò il ventiseiesimo tiro, quello del possibile cinquantello, poi coach Zorzi gli concesse la standing ovation.

    Chi non amava troppo la sua attitudine all’assolo era invece coach Cardaioli, suo allenatore in due tranche distinte: il rapporto conflittuale fra i due è ancora oggi, a quasi quarant’anni di distanza, ben ricordato da chi ha vissuto quel periodo.

    Carattere abbastanza schivo, riservato, se non fosse stato per l’Alfasud rossa particolarmente riconoscibile, in pochi in città avrebbero notato la presenza generalmente discreta di George Bucci.

    Il meglio di sé lo riservava tutto sull’improbabile parquet color marrone scuro del palasport di viale Sclavo. L’italiano, a dispetto del cognome, non era perfetto, ma abbastanza ‘ciancicato’.

    Certamente non era come quello di una delle figlie di Mike Bantom, suo compagno di squadra per due stagioni: presente tra il pubblico della Domenica Sportiva, con il famoso papà ospite in studio insieme al resto della squadra, la piccola sfoderò un accento toscano praticamente perfetto da fare invidia a tutti. Anche al beniamino della folla senese.

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